ARCHITETTURA E VINO
“Ogni goccia ad aprile a settembre è un barile”
Detto popolare frascatano
Settembre.
Stagione cardine per i Castelli Romani, stagione che può valere tutta l’annata.
I Castelli Romani sono il vino e settembre è il momento in cui si raccolgono i frutti di un intero anno di lavoro. Certo i tempi sono cambiati, l’economia del territorio castellano è ora più varia, per le vie di Frascati l’odore acceso del mosto è ormai un ricordo, anche se nemmeno poi troppo lontano.
Tuttavia, ultimamente si sta registrando un fenomeno interessante: l’ammodernamento della cantina. Le nuove generazioni, più istruite, di cantine storiche che hanno resistito nello svendere i propri terreni nel corso degli anni, si sono impegnate a modernizzare i propri stabili in modo da realizzare quel salto di qualità che ha permesso di uscire fuori dal classico mercato frascatano basato sulla quantità più che sulla qualità e sullo stretto rapporto storico e redditizio con la città di Roma.
L’approccio al mercato globale, all’e-commerce e al turismo, ha imposto nuovi obbiettivi e nuovi risultati e il protagonista di questo cambiamento è certamente il vino.
In questo panorama, l’acquisizione di enologi di professione sta rappresentando un passaggio culturale importante: i vini, sulla base di ciò che il terreno offre, vengono ora studiati e decisi in laboratorio. Questo ha portato alla proliferazione di vini di media-alta qualità che abbracciano diverse fasce di prezzo in modo da assorbire più ampie fasce di mercato.
Stagione cardine per i Castelli Romani, stagione che può valere tutta l’annata.
I Castelli Romani sono il vino e settembre è il momento in cui si raccolgono i frutti di un intero anno di lavoro. Certo i tempi sono cambiati, l’economia del territorio castellano è ora più varia, per le vie di Frascati l’odore acceso del mosto è ormai un ricordo, anche se nemmeno poi troppo lontano.
Tuttavia, ultimamente si sta registrando un fenomeno interessante: l’ammodernamento della cantina. Le nuove generazioni, più istruite, di cantine storiche che hanno resistito nello svendere i propri terreni nel corso degli anni, si sono impegnate a modernizzare i propri stabili in modo da realizzare quel salto di qualità che ha permesso di uscire fuori dal classico mercato frascatano basato sulla quantità più che sulla qualità e sullo stretto rapporto storico e redditizio con la città di Roma.
L’approccio al mercato globale, all’e-commerce e al turismo, ha imposto nuovi obbiettivi e nuovi risultati e il protagonista di questo cambiamento è certamente il vino.
In questo panorama, l’acquisizione di enologi di professione sta rappresentando un passaggio culturale importante: i vini, sulla base di ciò che il terreno offre, vengono ora studiati e decisi in laboratorio. Questo ha portato alla proliferazione di vini di media-alta qualità che abbracciano diverse fasce di prezzo in modo da assorbire più ampie fasce di mercato.
Azienda vinicola "Poggio le Volpi" - Monteporzio Catone (RM)
Secondo aspetto fondamentale di questo cambiamento è il marketing: a prescindere dal prodotto bisogna saperlo vendere e su questo aspetto molte cantine sono ancora carenti. Si potrebbe arrivare a dire che un buon vino non è nulla se non accompagnato da un buon piano promozionale, che sappia valorizzare tutto ciò che ruota intorno a quel prodotto, dalle più antiche tecniche di coltivazione all'innovazione tecnologica frutto delle più recenti sperimentazioni. In questo panorama, l'ancestrale rapporto tra il vino e lo spazio in cui viene prodotto, l'architettura delle cantine, s'insinua con forza come elemento predominante.
Vino e bellezza, architettura come strumento di promozione.
Per avere una dimostrazione eloquente delle antiche origini di questo binomio non serve andare poi molto lontano. È sufficiente andare nella campagna di Bordeaux, probabilmente la culla dell’eccellenza enologica, per rendersi conto che bellezza e vino sono e devono essere una cosa sola. La qualità di un prodotto si riflette nel luogo di produzione e ne esce esaltata, impressa negli occhi del visitatore. Perché l'architettura delle cantine è questo: strumento di promozione turistica, che lega con un sottile filo rosso l'agricoltura al turismo, in un virtuoso ciclo economico di rilancio del primo settore.
Vino e bellezza, architettura come strumento di promozione.
Per avere una dimostrazione eloquente delle antiche origini di questo binomio non serve andare poi molto lontano. È sufficiente andare nella campagna di Bordeaux, probabilmente la culla dell’eccellenza enologica, per rendersi conto che bellezza e vino sono e devono essere una cosa sola. La qualità di un prodotto si riflette nel luogo di produzione e ne esce esaltata, impressa negli occhi del visitatore. Perché l'architettura delle cantine è questo: strumento di promozione turistica, che lega con un sottile filo rosso l'agricoltura al turismo, in un virtuoso ciclo economico di rilancio del primo settore.
Chateau Raba - Bordeaux
Situazioni simili si riscontrano ormai in diverse parti del mondo (un esempio su tutti, la Toscana).
Negli ultimi 20 anni si è infatti ben compreso che realizzare luoghi di produzione che non siano semplici contenitori ma anche imponenti biglietti da visita, è un modo straordinario di valorizzare sia il vino che il suo territorio. Si è assistito allora alla proliferazione di numerose cantine in chiave moderna volute da produttori che hanno deciso di affidarsi alle più importanti firme dell’architettura contemporanea: dalla suggestiva Petra di Mario Botta alla celebre Rocca di Frassinello di Renzo Piano, si assiste sempre più a un susseguirsi di progetti architettonici finalizzati alla creazione di poli di attrazione turistica.
Il ricorso alle archistar per scatenare il famoso effetto Guggenheim che, se da un lato può avere risvolti estremamente negativi per Comuni impreparati, dall’altro rappresenta il più delle volte uno incredibile strumento di valorizzazione per ricchi produttori agricoli.
Negli ultimi 20 anni si è infatti ben compreso che realizzare luoghi di produzione che non siano semplici contenitori ma anche imponenti biglietti da visita, è un modo straordinario di valorizzare sia il vino che il suo territorio. Si è assistito allora alla proliferazione di numerose cantine in chiave moderna volute da produttori che hanno deciso di affidarsi alle più importanti firme dell’architettura contemporanea: dalla suggestiva Petra di Mario Botta alla celebre Rocca di Frassinello di Renzo Piano, si assiste sempre più a un susseguirsi di progetti architettonici finalizzati alla creazione di poli di attrazione turistica.
Il ricorso alle archistar per scatenare il famoso effetto Guggenheim che, se da un lato può avere risvolti estremamente negativi per Comuni impreparati, dall’altro rappresenta il più delle volte uno incredibile strumento di valorizzazione per ricchi produttori agricoli.
Cantina Petra, Mario Botta - Suvereto
Cantina Rocca di Frassinello, Renzo Piano - Grosseto
L’antico modello, seppur romantico, della famiglia che il fine settimana va fuori città per prendere un po’d’aria fresca e riempire le damigiane con del vino sfuso de Castelli, è purtroppo da considerare anacronistica. Ormai nemmeno il vino basta più. L’esigenza di ampliare l’offerta è ormai sotto gli occhi di tutti; i clienti sono alla ricerca di un’esperienza sensoriale a 360º e sono decisamente molto più informati che in passato.
La direzione che sta prendendo il territorio è quella giusta, ma ci chiediamo continuamente se si possa fare di più. La qualità del vino è fuori discussione ma nonostante questo sono pochi i turisti che vengono nel nostro territorio esplicitamente per il vino. Certo, parlando di turismo, Roma ci fa ombra su tutti gli aspetti, ma troviamo altresí paradossale che i nostri panorami agricoli non vengano pubblicizzati a dovere. Eppure il Frascati in America per quasi tutto il secolo scorso è stato secondo solo al Chianti come vino più esportato in assoluto. Manca forse un vero e proprio studio del paesaggio: una progettazione mirata, un'analisi attenta, volta a identificare tutte le aree attualmente non valorizzate. Un'azione che prenda spunto dalla volontà di creare una visione paesaggistica d'insieme, fatta di scorci e vedute, che sia per agire sull'esistente tramite un'efficace azione di rinnovamento, contrastando il rilascio di scellerate concessioni edilizie. Un'azione che faccia tornare i nostri vigneti i protagonisti assoluti della nostra terra, immagine internazionale dei Castelli Romani.
Un prodotto enogastronomico ma soprattutto turistico che, questo sì, Roma ci ha sempre invidiato.
La direzione che sta prendendo il territorio è quella giusta, ma ci chiediamo continuamente se si possa fare di più. La qualità del vino è fuori discussione ma nonostante questo sono pochi i turisti che vengono nel nostro territorio esplicitamente per il vino. Certo, parlando di turismo, Roma ci fa ombra su tutti gli aspetti, ma troviamo altresí paradossale che i nostri panorami agricoli non vengano pubblicizzati a dovere. Eppure il Frascati in America per quasi tutto il secolo scorso è stato secondo solo al Chianti come vino più esportato in assoluto. Manca forse un vero e proprio studio del paesaggio: una progettazione mirata, un'analisi attenta, volta a identificare tutte le aree attualmente non valorizzate. Un'azione che prenda spunto dalla volontà di creare una visione paesaggistica d'insieme, fatta di scorci e vedute, che sia per agire sull'esistente tramite un'efficace azione di rinnovamento, contrastando il rilascio di scellerate concessioni edilizie. Un'azione che faccia tornare i nostri vigneti i protagonisti assoluti della nostra terra, immagine internazionale dei Castelli Romani.
Un prodotto enogastronomico ma soprattutto turistico che, questo sì, Roma ci ha sempre invidiato.
Bodega Ysios, Calatrava - Guardia (Spagna)