DI CAPPE MAZZONIANE E SUPPLÌ, ovvero il Mercato Centrale a Roma
Dopo la vincente esperienza di Firenze, il Mercato Centrale ha aperto a Roma, in Via Giolitti 36, all'interno del complesso della Stazione Termini. A un mese esatto dall'apertura, abbiamo incontrato Umberto Montano, l'imprenditore che ha dato vita al nuovo modello italiano del mercato rionale: un insieme di amore per il buon cibo ed eventi culturali, in spazi architettonici curati e mai banali. A Roma, la scelta della Cappa Mazzoniana ha dato nuova linfa vitale a uno spazio in disuso da anni, dimostrando che pensare a un mercato come occasione di rigenerazione urbana non è poi così utopico.
UTOPICA - Il tema dei mercati coperti e delle concessioni degli stalli è da anni al centro dell'attenzione dell'amministrazione comunale romana. Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate per inserirsi in un simile contesto?
UMBERTO MONTANO - Quella del Mercato Centrale è una realtà privata, pertanto è difficile fare un parallelo con l'attività che si svolge all'interno dei mercati comunali. Posso comunque dire che per me, cittadino privato che ha investito denaro per costruire un progetto ambizioso come quello del Mercato di Via Giolitti, il rapporto con i pubblici uffici non è stato così complesso come si potrebbe pensare. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che i grandi investimenti creano opportunità di lavoro, qui a Roma il Mercato Centrale ha generato 285 nuovi posti di lavoro e questo è stato certamente tenuto in conto dai nostri interlocutori istituzionali. Certo, abbiamo avuto lunghi rapporti con la soprintendenza, che in qualità di tutore della Cappa Mazzoniana, bene notificato ai sensi della legge 1089, ha fatto tutto il necessario per tutelare il pubblico patrimonio, ma è stato un rapporto di reciproco scambio finalizzato a perfezionare il progetto, e non certo ad intralciarlo.
A tale proposito, tra gli addetti ai lavori (architetti ndr) la scelta della Cappa Mazzoniana è stata molto criticata. Come rispondete a chi teme che l'intervento vada a snaturare un luogo simbolo dell'architettura romana del Novecento?
Mi chiedo perché gli architetti dovrebbero criticare questa scelta: la Cappa Mazzoniana era un luogo morto, chiuso da sei anni, diffusore di degrado. Come fanno a criticare l’attuale destinazione ora che è diventato uno spazio gestito e vi entrano mediamente 6.000 persone al giorno fra romani, viaggiatori e turisti? La risposta sta nei fatti.
E’ incredibile pensare che qualcuno possa trovare poco edificante un progetto che oltre a creare posti di lavoro concentra molte delle qualità artigianali cittadine in un solo luogo risollevandolo dal degrado, restituendolo alla vita, alla cura e all’attenzione delle persone.
Secondo me, se c’è, la critica è faziosa.
E’ incredibile pensare che qualcuno possa trovare poco edificante un progetto che oltre a creare posti di lavoro concentra molte delle qualità artigianali cittadine in un solo luogo risollevandolo dal degrado, restituendolo alla vita, alla cura e all’attenzione delle persone.
Secondo me, se c’è, la critica è faziosa.
Il format del Mercato Centrale di Firenze è sicuramente vincente. Come pensate di declinarlo nel contesto romano? Ci saranno delle specificità?
Il Mercato di Roma è il gemello del Mercato Centrale di Firenze, più piccolo nelle dimensioni ma il progetto è sempre quello, è nato dallo stesso seme, e la sola differenza è nel territorio.
A Firenze il Mercato Centrale ha dato nuova linfa vitale a uno spazio altrimenti dismesso. Pensate che anche a Roma l'avvio di un simile format possa essere occasione di rigenerazione urbana?
Lo è già stato. A mezzanotte, in Via Giolitti non si camminava, adesso è pieno di gente. Le persone evitavano quella zona perché era deserta e buia e questo favoriva il degrado. Con il nostro arrivo la strada si è vestita di nuovi colori, nuova luce e soprattutto tanta gente che invita all’accoglienza, non certo al rifiuto. I cittadini dei dintorni sono entusiasti di questo progetto, così come i nostri vicini
per esempio l'hotel Radisson, il teatro Ambra Jovinelli o la Discoteca Laziale. Qui la vita è cambiata e si vede. Il progetto di condivisione del nostro spazio con tutte le componenti cittadine è uno degli elementi fondanti del Mercato Centrale.
per esempio l'hotel Radisson, il teatro Ambra Jovinelli o la Discoteca Laziale. Qui la vita è cambiata e si vede. Il progetto di condivisione del nostro spazio con tutte le componenti cittadine è uno degli elementi fondanti del Mercato Centrale.
Perché Via Giolitti?
La scelta è legata alla bellezza della Cappa Mazzoniana. Il Mercato Centrale dev’essere ubicato in uno spazio gratificante. E il nostro è un luogo unico nel panorama romano, con soffitti alti 20 m, meravigliose volte a mattoncini e la superba cappa in marmo che rende preziosissimo lo spazio. Girando per la città, non sarebbe semplice trovare un luogo altrettanto affascinante.
Pensate che il Mercato di Via Giolitti possa essere parte di una più ampia rete che coinvolga non solo le strutture mercatali della città ma anche le istituzioni culturali? In che modo?
Sicuramente le istituzioni culturali dovranno essere coinvolte nella vita del Mercato Centrale, perché la stessa identità del progetto si basa sull'organizzazione di eventi culturali prestigiosi. Penso a possibili partner come il Teatro dell'Opera, l'Ambra Jovinelli, ma anche organismi pubblici o personalità legate allo spettacolo e alla vita culturale della città. Purtroppo non penso che potremo legarci alla rete dei mercati comunali, questo perché, come dicevo, noi siamo una realtà totalmente privata.
Qual è la vostra utopia?
Dare alla cucina italiana il giusto spazio nel panorama culturale internazionale: abbiamo un'immensa risorsa che dobbiamo tutelare e valorizzare. Vorremmo che alla tradizione gastronomica del nostro Paese fosse riconosciuto il giusto valore e il cibo della nostra tradizione, la più variegata del pianeta, non fosse visto esclusivamente come alimento da consumare ma come una vera e propria pubblica ricchezza.